Presenze manzoniane nell’Archivio Storico Ricordi. I PROMESSI SPOSI di Errico Petrella attraverso i documenti e le cronache del tempo

Di Maria Pia Ferraris

 

«Sono profondamente addolorato dalla morte del nostro Grande!». Così esordisce Giuseppe Verdi alla notizia della scomparsa di Alessandro Manzoni, in una lettera del 23 maggio 1873 inviata al suo editore Giulio Ricordi. Ne è colpito, addolorato e subito pensa a come esternare questa enorme venerazione che aveva per lui. È un compositore e la musica è il suo linguaggio. Aveva già provato a rendere omaggio a un altro grande, Gioachino Rossini, con una Messa, coinvolgendo diversi compositori quali Antonio Bazzini, Carlo Pedrotti, Lauro Rossi e Federico Ricci, ma il progetto alla fine era naufragato. Ora decide di fare da solo, come del resto ha sempre fatto: comporrà una Messa da Requiem e la dirigerà personalmente l’anno seguente, nello stesso giorno della scomparsa di Manzoni, nella chiesa di San Marco a Milano, e non altro- ve, come tentano più volte di proporgli.

Vi è in Verdi una grande venerazione, ma nello stesso tempo anche una certa reticenza nell’ispirarsi ai capolavori manzoniani. Si conosce del suo interesse musicale verso il 5 maggio e le tragedie manzoniane e un suo commento velato di rammarico per non aver musicato il romanzo per eccellenza I Promessi Sposi, da lui letto nel 1835.

Vi si cimentano invece altri due compositori, le cui partiture sono entrambe conservate nell’Archivio Storico Ricordi: primo fra questi, nel 1856, un giovanissimo Amilcare Ponchielli, allora ventiduenne, con un libretto scritto a più mani. La première si svolge al Teatro Concordia di Cremona. L’editore musicale Ricordi, sempre attento a tutte le novità, dedica all’evento un breve annuncio sul numero del 7 settembre della sua rivista, la “Gazzetta Musicale di Milano”, aprendo così la rubrica Notizie Italiane: «Cremona. Il 30 agosto è andata in iscena la nuova opera I promessi sposi, del giovane maestro Ponchielli, già allievo del Conservatorio di Milano. L’esito è stato felicissimo».

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