La Milano delle pesti sforzesche

A distanza di meno di un mese dall’essersi imposto alla reggenza del Ducato di Milano il 26 febbraio 1450, Francesco Sforza nominava il 10 marzo il nuovo provveditore alla sanità, che da magistrato straordinario incaricato di prevenire e arginare le epidemie, istituito già da Gian Galeazzo Visconti alla fine del sec. XIV, sin dal 1424 era stato riconfigurato come commissario permanente, alle dirette dipendenze del signore di Milano. L’urgenza del provvedimento si imponeva... [leggi tutto il testo]

Donato Bossi (1436 - c. 1502)

Donati Bossi causidici et civis Mediolanensis, gestorum dictorumque memorabilium et temporum ac conditionum et mitationum humanorum, ab orbis initio usque ad eius tempora, liber; Milano, Antonio Zaroto, 1492; carte t6 verso, u1 recto
Biblioteca Nazionale Braidense, AM. XIII. 9

Notaio dal 1456, storico per passione, Donato Bossi si dedicò per circa un quindicennio alla compilazione di questa ambiziosa Chronica dedicata a Gian Galeazzo Maria Sforza, la cui pubblicazione fu ufficialmente ammessa con lettera ducale nel 1490 e godette di un privilegio di stampa due anni dopo, quando poté essere licenziata nell’unica edizione giunta sino a noi. La si espone aperta in corrispondenza del richiamo dell’autore alla epedimia [sic] di peste gravemente occorsa a Milano nel 1484 sotto Ludovico il Moro, della quale costituisce preziosa fonte coeva.

 

Bernardino Corio (1459 - c. 1519)

Bernardini Corii viri clarissimi mediolanensis Patria historia; Milano, Alexandrum Minutianum, 1503; carta 3
Biblioteca Nazionale Braidense, 21. XXIV. H. 26

La monumentale trattazione della storia del Ducato era stata affidata sin dal 1485 da Ludovico il Moro all’autore, assai vicino dalla nascita alla stirpe ducale e sensibile alle ragioni della celebrazione dinastica. Lungamente protrattasi ben oltre l’esito delle fortune politiche dello Sforza, essa vide la pubblicazione solo nel 1503, con dedica rettificata al di lui fratello, il cardinale Ascanio Maria. Proprio questo scritto encomiastico incipitario è qui fatto oggetto di attenzione, dal momento che Corio vi esprime, implicitamente richiamandosi a Boccaccio con vezzo umanistico, di aver maturato l’intenzione di cimentarsi con l’opera dopo essersi rifugiato “in villa”, all’imperversare della peste in città.

 

Giovanni Simonetta (c. 1420 - c. 1492)

Historie di Giouanni Simonetta delle memorabili et magnanime imprese fatte dallo inuittissimo Francesco Sforza duca di Milano nella Italia […] tradotta in lingua thoscana da Cristoforo Landino fiorentino; Venezia, s.n. [ma Andrea Arrivabene], 1544; carte 299 verso, 300 recto
Biblioteca Nazionale Braidense, 8. VII. D. 19

Come la Patria historia di Corio, la compilazione dei Commentarii di Simonetta alle gesta di Francesco Sforza fu promossa dal figlio Ludovico Maria a fini propagandistici e vide la luce con la prima edizione latina tra il 1481 e il 1483. Solo più tardi, nel biennio 1489-1490, sempre ad istanza del Moro, ne fu approntato l’autorevole volgarizzamento firmato da Cristoforo Landino (anche detto Sfortiada), del quale la presente è riedizione cinquecentesca. La si espone aperta in corrispondenza del cursorio ma nevralgico cenno alla pestilenza che vessò Milano nel 1450, all’indomani dell’insediamento di Francesco Sforza alla reggenza del Ducato.

 

Bettino Uliciani da Trezzo (seconda metà del sec. XV)

Letilogia; Milano, Antonio Zaroto, 1488; carte π4 verso, a1 recto
Biblioteca Nazionale Braidense, AM. IX. 51

Il volumetto in 4°, impresso in caratteri gotici, riporta una singolare prosopopea in versi, in cui la morte personificata prende parola (tale essendo il significato letterale di Letilogia), esprimendosi sugli esiti della grave epidemia pestilenziale che dal 1483 afflisse il Ducato di Milano per oltre un biennio. Si tratta di 6300 endecasillabi scanditi in dieci canti (ma in “lingua grossa”, intrisa di inflessioni dialettali), con strategica dedica al cardinale Ascanio Maria Sforza (che di un’altra epidemia sarebbe morto a Roma nel 1505). L’autore aveva perso il figlio primogenito a causa della peste, che nella sua interpretazione è celeste sanzione a tempi “troppo fieri”.

 

Giuseppe Vallardi (1784-1861)

Trionfo e danza della morte, o Danza macabra a Clusone. Dogma della morte a Pisogne, nella provincia di Bergamo; Milano, Pietro Agnelli, 1859; tav. I
Biblioteca Nazionale Braidense, 8. XXXII. G. 48

La parte iniziale di questo volume consiste nel primo studio storico-critico dedicato alla pittura murale ad affresco della Danza macabra tuttora esistente all’esterno dell’Oratorio dei disciplini a Clusone (Bergamo), opera del pittore locale Borlone de Buschis (c. 1420 - c. 1487), sviluppata su tre registri sovrapposti e compiuta nel 1486 in tempo di peste. L’ampio inserto pieghevole che qui si espone in apertura reca la prima tavola illustrata, che Vallardi commissionò a Giovanni Darf (autore del disegno) e Francesco Terzaghi (che ne trasse la litografia colorata a mano): si tratta di un documento iconografico prezioso, che restituisce idealmente l’opera nella sua integralità, dal momento che oggi sopravvivono intatti solo i due registri superiori (Trionfo della morte; Danza macabra), mentre di quello inferiore (I dannati e i giusti) restano lacerti residuali.