La Milano delle pesti borromaiche

Come era avvenuto nel 1450 sotto Francesco Sforza, la mobilità dei pellegrini per il Giubileo del 1575 fu concausa scatenante della micidiale diffusione della peste originatasi in Trentino dall’anno precedente. Milano e la Lombardia ne furono contagiate nell’estate del... [leggi tutto il testo]

Avertenze per la benedittione delle case [Gridario]; Milano, Pacifico Ponzio, s.d. [ma 1576-1577]
Biblioteca Nazionale Braidense, AO. I. 14/31

L’arcivescovo Carlo Borromeo (1538-1584), al quale è per tradizione tristemente intitolata l’epidemia di peste che afflisse Milano e la Lombardia nel biennio 1576-1577 (costituendo la più decisiva premessa al morbo divampato nel 1628-1630, all’epoca di suo cugino Federigo), promulga in questa “grida” non solo istruzioni agli ecclesiastici ma anche raccomandazioni al popolo e particolarmente a ciascun padre di famiglia per prepararsi ad accogliere opportunamente il rito di benedizione, ritenuto provvidenziale alla salvezza dal contagio (ad esempio, bruciando “libri lascivi, Madrigali et Canzoni disonheste”, eliminando “le imagini profane, sporche, nude et lascive”, nonché “dadi, carte, maschere et altre simili chose”).

 

Ludovico Settala (1552-1633)

De peste, & pestiferis affectibus. Libri quinque; Milano, apud Ioannem Baptistam Bidellium, 1622; carte ++4 verso, a1 recto
Biblioteca Nazionale Braidense, XM. +V. 14/4

 

Ludovico Settala (1552-1633)

Preseruatione dalla peste. Scritta dal sig. protomedico Lodouico Settala; Milano, Giovan Battista Bidelli, 1630; pp. 8-9
Biblioteca Nazionale Braidense, B. V. 3. 838/3

L’autore è espressamente citato da Manzoni ne I Promessi Sposi, particolarmente nel capitolo XXXI ove al “protofisico Settala”, ormai anziano all’epoca dei fatti del romanzo, è reso un tributo di grande stima per l’opera precedentemente prestata in qualità di medico della peste nel 1576. Tale esperienza pregressa è messa a frutto nelle opere qui presentate, pubblicate ormai a ridosso o in concomitanza della peste del 1630: l’una, in latino, è una austera trattazione di cui si espone l’altisonante Morborum Universalis Divisio (I; 1); l’altra, in volgare, è una compilazione più modesta anche nel formato, mirando forse a una platea più popolare, come suggerito sin dal quesito incipitario Che cosa sia la peste.

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Gaspare Bugati (seconda metà del sec. XVI)

I fatti di Milano, al contrasto della peste, over pestifero contagio: dal primo d'agosto 1576 fin a l'ultimo dell'anno 1577. Particolarmente cauati dall'Aggiunta dell'Historia del reuer. P. Bugato milanese, stringatamente posti; Milano, Gottardo e Pacifico Pontio, 1578; pp. 6-7
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XIII. 20/1

Il libro faceva parte della biblioteca personale di Manzoni ed è tra quelli che riportano sue postille autografe, come nel caso dell’apertura qui presentata, in corrispondenza della lunga digressione circa la spiegazione della parola monati (che è la stessa appuntata marginalmente), la cui etimologia è da Bugati ricondotta al verbo latino monere, “che vuol dire avisare, avisando a ponto le genti con quei campanelli soliti lor di portare, che stiano larghi da loro”. Il possesso e lo studio di questo e altri simili volumi certifica il serio fondamento storico precostituito dall’autore al suo “romanzo della peste”.

 

Benedetto Cinquanta (c. 1580 - c. 1635)

La peste del 1630, traggedia nouamente composta dal padre fra Benedetto Cinquanta […] de Minori Osservanti, fra li Academici Pacifici detto il Seluaggio; s.l. [ma Milano], s.n., s.d. [ma 1632]; frontespizio
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XII. A. 52

L’autore del piccolo volume in 12° era un frate minore osservante di Santa Maria della Pace a Milano. Il testo è una trasposizione teatrale dell’epidemia del 1628-1630, della quale egli fu diretto testimone; l’accurato quadro storico che nondimeno ne offre esercitò viva impressione su Manzoni, che possedeva la presente copia del libro, non a caso citato espressamente per ben due volte nella minuta della Storia della Colonna Infame (ma non nell’edizione definitiva).

 

Giuseppe Ripamonti (1573-1643)

Iosephi Ripamontii canonici Scalensis chronistae vrbis Mediolani De peste quae fuit anno 1630 libri 5 desumpti ex annalibus vrbis quos 60 decurionum autoritate scribebat; Milano, Malatesta, 1641; frontespizio
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XIII. 29

Fonte prioritaria, insieme a Tadino, della erudita ricognizione condotta da Manzoni sull’epidemia che fa da tragico sfondo storico tanto a I Promessi Sposi (specialmente tra la stesura del Fermo e Lucia e l’edizione “ventisettana”) quanto alla Storia della Colonna Infame (nella cui minuta Ripamonti è accostato esornativamente a Livio), il libro fu da lui posseduto in questo esemplare, postillato (prevalentemente con segni di lettura a margine, cui corrispondono segnalibri cartacei, tuttora conservati nel Fondo Manzoniano braidense) a decorrere dal 1821, durante il ritiro a Brusuglio. Se ne offre qui in visione il frontespizio allegorico, disegnato da Ottavio Salvioni e inciso da Cesare Bassano.