L'infamia dell'unzione. STORIA DELLA COLONNA INFAME

A quasi quindici anni dalla prima formulazione (più narrativa e meno saggistica) al tempo del Fermo e Lucia, nel 1839 Manzoni tornò con rinnovato impegno al progetto della Storia della Colonna Infame, sottoponendolo a una integrale riscrittura, preparata da erudite letture aggiuntive e ripensata radicalmente nella struttura: non più inglobata al romanzo come ampia digressione storica... [leggi tutto il testo]

Alessandro Manzoni (1785-1873)

I Promessi Sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni. Edizione riveduta dall’autore. Storia della colonna infame inedita; Milano, Guglielmini e Redaelli, 1840-1842; pp. 746-747
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XIII. 100

Annunciata a conclusione del quarto capitolo del terzo tomo del Fermo e Lucia come digressione dalla trama principale che avrebbe occupato il quinto capitolo del successivo quarto tomo, poi però esclusa dalla prima edizione del romanzo per i tempi di pubblicazione estremamente stretti dell’estate del 1827, la Storia della Colonna Infame prendeva le mosse dalle Osservazioni sulla tortura di Pietro Verri tardivamente edite nel 1804. Ben presto, tuttavia, la trattazione del processo agli untori, basata sugli atti parzialmente pubblicati nel 1633, richiese di essere stralciata dal romanzo e riconfigurata come appendice autonoma all’edizione definitiva, alla quale Manzoni attese con rinnovato vigore dal 1839.

 

Francesco Gonin (1808-1889)

Storia della Colonna Infame [disegno preparatorio]; matita nera, carta bianca; mm 118 x 106
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XII. A. 40/115 [Manz. B. XXX. 9/115]

In solido con l’amplissima campagna illustrativa intrapresa per la “quarantana” de I Promessi Sposi, l’artista torinese fu ingaggiato da Manzoni anche per la realizzazione dell’apparato iconografico della Storia della Colonna Infame, a cominciare da questo studio grafico per l’immagine del frontespizio dell’appendice all’edizione Guglielmini-Redaelli, già ad essa del tutto prossima. Abbattuto nel 1778, il sinistro simbolo della colonna, eretta sul luogo dove un tempo era la casa di uno dei condannati nel processo agli untori, aveva ormai lasciato spazio all’edificazione di un’altra abitazione: nel fittizio recupero archeologico di un luogo della città non più esistente, Gonin aderiva al progetto manzoniano di riportare alla luce la verità storica, affinché non se ne perdesse “lo spaventoso effetto, né la miserabile causa”.

 

Cesare Beccaria (1738-1794)

Dei delitti e delle pene. Edizione ultima dell’anno MDCCLXIX coll’aggiunta del Commentario alla detta opera del signor di Voltaire tradotto da celebre autore; Losanna [ma Livorno], s.n. [ma Marco Coltellini per Giuseppe Aubert], 1769; frontespizio
Biblioteca Nazionale Braidense, Sala Fosc. II. 46 bis/1

Voltaire aveva letto il testo di Beccaria, in italiano, nel 1765, maturando da quel momento un sempre più intenso interesse per il diritto penale e un conseguente impegno alla sua riforma, militando a favore delle vittime dell’ingiustizia giudiziaria. È il filosofo francese a coniare per Beccaria (conosciuto a Parigi di persona nel 1766) e il suo seguito l’etichetta École de Milan, ad indicare una società di giovani intellettuali costituitasi a partire dalle riunioni tenute dal 1761 in casa di Pietro Verri, alle quali era stata attribuita la colorita dicitura Accademia dei Pugni, per la diceria circa una veemente discussione tra Verri e Beccaria conclusa ricorrendo alle mani. In questa vivace fucina conobbe la sua genesi Dei delitti e delle pene, scritto in prima stesura tra il 1763 e il 1764.

 

Piero Verri (1728-1797)

Sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche, alle quali si attribui la pestilenza che devasto Milano l'anno 1630. Osservazioni del Conte Pietro Verri, ripubblicate per far seguito alla Storia della colonna infame, descritta dal signor Alessandro Manzoni; Milano, Giovanni Silvestri, 1843; copertina
Biblioteca Nazionale Braidense, Misc. Manz. A. 3/52

Lo scritto di Verri, originatosi da una critica radicale alle concezioni e alla prassi della tradizione giuridica, è il frutto di una messa in discussione di ogni superstizione in nome della cultura razionalista, avendo a mente la dolorosa vicenda giudiziaria del processo ai presunti untori del 1630. A circa un decennio dalla prima pubblicazione del libro del compagno Beccaria, le Osservazioni furono scritte tra la primavera del 1776 e l’inverno dell’anno seguente ma videro la luce solo nel 1804 per la necessità dell’autore di non inimicarsi il Senato, ancora restio a condannare l’atrocità del sistema delle torture. L’interesse riacceso sul tema da Manzoni rinnova l’attenzione editoriale al testo di Verri, che della lettura della Storia della Colonna Infame diventa un indispensabile precedente.

 

Cesare Bassano (1584-1648) [da disegno di Francesco Valletto]

Descrittione della esecuzione di giustizia fatta in Milano contr’alcuni li quali hanno composto e sparso gl’unti pestiferi; stampa xilografica sciolta; mm 363 x 419 [intera carta mm 370 x 422]
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XXII. 8 

La grande tavola, ristampa della celebre incisione del 1630, era originariamente acclusa al volume a cura di Cesare Cantù, Processo originale degli untori nella peste del 1630 [Milano, Truffi, 1839], posta come inserto pieghevole tra le pagine 448 e 449. Il libro, polemicamente pubblicato in anticipo sull’uscita della Storia della Colonna Infame, è presente nella biblioteca personale di Manzoni tra i suoi postillati [Manz. XIII. 28]. L’immagine, come con dovizia di dettagli rammentano le didascalie, commemora le fasi della triste fine del commissario di sanità Guglielmo Piazza, giustiziato con Giacomo Mora per aver cospirato sullo spargimento di unguenti pestiferi: “prima con rovente morsa e privati della mano destra comandò il Senato di frangerli con la ruota e nella medesima intrecciate dopo sei ore di scannarli quindi di abbruciarli”. La colonna eretta sul luogo della casa ove erano ritenuti aver progettato lo scempio, a testimonianza di loro perpetua infamia, è ben riconoscibile al margine destro.

 

Alessandro Manzoni (1785-1873)

Storia della Colonna Infame [copia d’altra mano della prima stesura, con correzioni autografe]; c. 1823-1824; primo fascicolo, carta 1 recto
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. B. X. 4

L’anonimo copista fu interpellato da Manzoni dopo aver concluso la revisione sul manoscritto della prima minuta, al fine di trarne una redazione da consegnare alla censura e, ottenuto il visto, alla tipografia. Tuttavia, questo apografo fu ben presto a sua volta sottoposto a cancellature, correzioni e integrazioni di pugno di Manzoni, evidentemente prima dell’estate del 1824, quando ancora esprimeva l’intenzione di pubblicare la Storia della Colonna Infame. Difatti, tanto la forma linguistica quanto l’impianto storiografico denunciati da questa copia riconducono a uno stadio ancora molto prossimo nel tempo al Fermo e Lucia.