La peste in melodramma

Ancor vivente Manzoni, il primo adattamento in musica per opera lirica de I Promessi Sposi fu portato in scena nel 1830 al Teatro Nuovo di Napoli dalla compagnia Tessari, con musica di Luigi Bordese e libretto di Giuseppe Ceccherini: si trattava evidentemente di una riduzione tratta dalla prima edizione del romanzo, ritradotta... [leggi tutto il testo]

Errico Petrella (1813-1877)

I Promessi Sposi [partitura autografa], 1869; carta 181 recto
Archivio Storico Ricordi, Part. 03205

 

Antonio Ghislanzoni (1824-1893)

I Promessi Sposi [libretto a stampa per la ripresa]; Milano, Francesco Lucca, 1871; frontespizio
Archivio Storico Ricordi, Libr. 05712

 

Antonio Ghislanzoni (1824-1893)

I Promessi Sposi [libretto a stampa per la prima]; Milano, Francesco Lucca, 1869; pp. 50-51
Archivio Storico Ricordi, Libr. 05711

Il melodramma, in quattro atti, ebbe la sua prima rappresentazione al Teatro Sociale di Lecco il 2 ottobre 1869. Pur non essendo stato in grado di trasporre musicalmente l’intensa umanità dei personaggi manzoniani, il compositore palermitano formatosi a Napoli godette per qualche tempo di una certa fama grazie a questa opera, a partire dalla ripresa milanese al Teatro Carcano della primavera del 1871. La partitura autografa di Petrella si espone qui al principio della Scena Ultima dell’Atto IV (cui corrispondono i due libretti di Ghislanzoni, della prima lecchese e della ripresa milanese), segnato dalla veemente esclamazione di padre Cristoforo: “Chi dei morenti al gemito / Mesce l’umano sdegno? / Vergogna!”.

 

Giovanni Pessina (1836-1904) [attr. a]

La vasta spianata del lazzaretto di Milano. Atto IV [bozzetto preparatorio], c. 1869-1871; inchiostro di china, carta bruna; mm 205 x 300
Archivio Storico Ricordi, Icon. 009093

 

Giovanni Pessina (1836-1904) [attr. a]

Lazzaretto. Atto IV [bozzetto a maquette], c. 1869-1871; matita nera e inchiostro di china, carta bruna [tre frammenti ricomposti in collage]; mm 185 x 245
Archivio Storico Ricordi, Icon. 009094

Il lazzaretto milanese domina la scena dell’atto finale del melodramma di Petrella e Ghislanzoni ed è studiato in questa coppia di bozzetti, la cui paternità è stata in via congetturale ricondotta allo stesso artista autore dei figurini per i personaggi. Le note apposte al disegno di maggiore formato indicano anzitutto l’espediente di dissimulare le “quinte” di scena nei tendaggi dell’accampamento; lo “scenario” denota il piano di profondità, mentre il “pavimento del palco scenico” affiora in primo piano. Le due indicazioni più estese si riferiscono all’edificio sacro: “f[u]ori agli archi o portici praticabili” e “altro scenario per l’interno della chiesa”, a contrassegnare la duplice fruizione del tempio ottagonale, così come anche esemplificata dalla maquette del bozzetto più piccolo, ottenuta dalla sovrapposizione di una carta scontornata seguendo il disegno del porticato esterno a quella che reca il disegno del suo interno.

 

Giovanni Pessina (1836-1904)

Renzo [figurino], c. 1869-1871; acquerelli colorati, carta bianca ingiallita; annotazioni a matita nera e inchiostro bruno; mm 265 x 188
Archivio Storico Ricordi, Icon. 009069

 

Giovanni Pessina (1836-1904)

Lucia. Atto II [figurino], c. 1869-1871; acquerelli colorati, carta bianca ingiallita; annotazioni a matita nera e inchiostro bruno; mm 265 x 188
Archivio Storico Ricordi, Icon. 009071

 

Giovanni Pessina (1836-1904)

Padre Cristoforo [figurino], c. 1869-1871; acquerelli colorati, carta bianca ingiallita; annotazioni a matita nera e inchiostro bruno; mm 265 x 188
Archivio Storico Ricordi, Icon. 009075

 

Giovanni Pessina (1836-1904)

Cardinale Federico Borromeo [figurino], c. 1869-1871; acquerelli colorati, carta bianca ingiallita; annotazioni a matita nera e inchiostro bruno; mm 265 x 188
Archivio Storico Ricordi, Icon. 009082

I quattro figurini, numerati (rispettivamente: 5, Renzo; 7, Lucia; 11, Padre Cristoforo; 18, Cardinale Federico), fanno parte di una serie di 30 acquerelli di identico formato, che l’artista bergamasco, formatosi all’Accademia di Brera con Luigi Bisi, eseguì per altrettante prove di costume di personaggi, che - includendo i due protagonisti e le complementari figure di religiosi dell’alto e basso clero - hanno presenza maggioritaria nel lazzaretto, che occupa la scena dell’atto conclusivo dell’adattamento operistico di Errico Petrella e Antonio Ghislanzoni. Il figurino di Renzo, in particolare, riporta annotazioni sartoriali sull’uso di lana per la giubba e di una striscia di velluto nero per le brache, oltre all’idea di una variante di “colore amaranto” per giubba e cappello.

 

Francesco Hayez (1791-1882) [d’après]

Bravo del 1600; cromolitografia a matita grassa; mm 246 x 160 [intera carta mm 403 x 257]; da Costumi, vestiti alla Festa da Ballo data in Milano dal nobiliss.o Signor Conte Giuseppe Batthyany la sera del 30 gennaio 1828; Milano, Giuseppe Elena, s.d. [ma 1828]; tav. XXXII
Biblioteca Nazionale Braidense, II. S.C. VII/1

Il memorabile ballo mascherato organizzato dal nobile ungherese Batthyany costituisce di fatto, alla precoce altezza cronologica del principio del 1828, il primo episodio di drammatizzazione visiva del romanzo manzoniano. Le cronache narrano infatti che le danze inclusero la quadriga dedicata a I Promessi Sposi, con don Rodrigo e i bravi impersonati da alcuni illustri invitati (il marchese Carega, il conte Pachta, il conte Carlo Cicogna, don Giovanni Cicogna, il cavaliere Lagraciniere, Giuseppe Marietti e il conte Serbelloni), accomunati dal costume protagonista di questa cromolitografia, tratta (da mano non identificata) da un disegno attribuito concordemente a Hayez, che della festa fu gran cerimoniere. La famiglia di Manzoni disertò l’invito, con la sola eccezione del cugino Giacomo Beccaria.