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A distanza di meno di un mese dall’essersi imposto alla reggenza del Ducato di Milano il 26 febbraio 1450, Francesco Sforza nominava il 10 marzo il nuovo provveditore alla sanità, che da magistrato straordinario incaricato di prevenire e arginare le epidemie, istituito già da Gian Galeazzo Visconti alla fine del sec. XIV, sin dal 1424 era stato riconfigurato come commissario permanente, alle dirette dipendenze del signore di Milano. L’urgenza del provvedimento si imponeva a causa della peste bubbonica che dal 1447 stava martoriando l’intera Penisola e che difatti, favorita da un lungo periodo di carestia (che produsse povertà e denutrizione) e dalla poderosa mobilità sollecitata dal Giubileo del 1450, giunse a colpire gravemente Milano dall’aprile dell’anno seguente, lasciando una scia di morti che lo storico sforzesco Giovanni Simonetta quantificò in circa duecento al giorno, per un totale di trentamila alla fine del 1451. Malgrado una recrudescenza pestilenziale di lieve portata nel 1468 sotto Galeazzo Maria Sforza, una rovinosa epidemia di tifo petecchiale si abbatté sulla Lombardia tra il 1477 e il 1479, rendendola più vulnerabile alla nuova ondata di peste che la flagellò dalla tarda primavera del 1483, toccando il suo apice nei due anni successivi con un decimo della popolazione milanese falcidiato. Proprio come diretta conseguenza del disastroso esito di questo morbo, i cui strascichi si protrassero sino al 1486, fu principiato dall’estate del 1488, al tempo di Ludovico il Moro, il cantiere del lazzaretto di San Gregorio, la cui fabbrica sarebbe stata conclusa tuttavia soltanto un secolo più tardi, su impulso di San Carlo Borromeo, tra il 1576 e il 1577.

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