Già entro il 1812, non solo per la materia sanitaria ispirata all’ode pariniana (sebbene occasionata dalla lettura di alcuni passaggi di un trattato medico di Luigi Sacco) ma anche per l’atmosfera e l’ambientazione (riassunte per lettera all’amico Claude Fauriel nella triade Lombardie, montagnes et tradition), l’incompiuto poemetto idillico... [leggi tutto il testo]
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Descrizione audio per ipovedenti di "Addio a Cecilia" di Francesco Gonin.
Progetto di Descrivedendo
Giuseppe Parini (1729-1799)
Opere di Giuseppe Parini pubblicate ed illustrate da Francesco Reina. Volume secondo; Milano, Stamperia e fonderia del Genio tipografico, 1801-1804 [1802]; pp. 66-67
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XV. 18
L’ode L’innesto del vaiuolo (1765), qui presentata mediante l’edizione completa delle opere di Parini, posseduta e postillata da Manzoni, costituisce un decisivo precedente per il suo cimento poetico, rimasto interrotto nel 1812-1814, con il componimento La Vaccina. I versi di Parini erano intesi a celebrare la scoperta del medico trevigliese Giovanni Maria Bicetti de’ Buttinoni, alla edizione del cui opuscolo scientifico (stampato a spese del poeta) furono encomiasticamente premessi.
Alessandro Manzoni (1785-1873)
La Vaccina [minuta autografa delle ottave 5, 7]; manoscritto cartaceo [una sola carta compilata su ambo i lati, mm 175 x 117], c. 1809-1812; carta 1 recto
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. B. XXX. 13
Si tratta di una trascrizione in bella copia delle ottave 5 e 7, secondo una redazione più tarda (con varianti) rispetto alla prima data di composizione (attorno al 1807) e per questo ritenuta più rispondente all’ultima volontà dell’autore. Scritto in strofe di endecasillabi a rime alternate (con i due ultimi a rima baciata), l’idillio non giunse mai nei frammenti superstiti (dedicati allo svolgimento proemiale della rivelazione del Genio ovvero dell’estro lirico) a trattare la materia socialmente impegnata, che, sulla scia di Parini, Manzoni aveva annunciato all’amico Fauriel in lettere del 5 ottobre 1809 e del 6 marzo 1812, dichiarandone la fonte di ispirazione nel Trattato di vaccinazione di Luigi Sacco (1809), qui esposto. L’interruzione fu conseguente al maggiore cimento degli Inni Sacri, al quale Manzoni attese a decorrere dal 1812.
Luigi Sacco (1769-1836)
Trattato di vaccinazione con osservazioni sul giavardo e vajuolo pecorino del dottore Luigi Sacco […] Con quattro tavole miniate; Milano, Mussi, 1809; frontespizio e tav. III
Biblioteca Nazionale Braidense, A. XIV. 2485
Con lettera del 5 ottobre 1809 all’amico Fauriel, Manzoni rendeva noto che l’idea di comporre l’idillio poetico La Vaccina gli era venuta dalla lettura di due passaggi di questo libro: «le non equivoche pustole del vajuolo vaccino in quelle mandrie che dalle montagne della Svizzera scendono ogn’anno nelle fertili pianure lombarde» (p. 13); «nella Valle di Scalve […] avvi colà una tradizione, che si introducessero le vacche infette nelle case di quelli che doveansi innestare, e che mediante l’innesto del vaccino si preservassero dal vajuolo» (p. 34). Il volume si espone aperto al frontespizio con il ritratto dell’autore inciso a fronte e il terzo di quattro ampi inserti spiegato a mostrare la tavola con due vedute di uno stesso braccio affetto da pustole e bubboni. Le illustrazioni, da disegni John Raphael Smith e Benedetto Bordiga, furono litografate da Giuseppe Benaglia e Pietro Anderloni.
Enrico Acerbi (1785-1827)
Dottrina teorico-pratica del morbo petecchiale con nuove ricerche intorno l'origine, l'indole, le cagioni predisponenti ed effettrici, la cura e la preservazione del morbo medesimo in particolare, e degli altri contagi in generale; Milano, Giovanni Pirotta, 1822; pp. 210-211
Biblioteca Nazionale Braidense, ZEE. VIII. 37
Medico di famiglia di Manzoni, l’autore è da lui espressamente citato nel capitolo XXVII de I Promessi Sposi per la presente opera, che, in significativo anticipo su Pasteur e Koch, tratta il tema del “contagio vivo” ossia dei microrganismi responsabili del diffondersi delle malattie epidemiche. È in particolare il terzo capitolo del libro, qui esposto in apertura, ad essere richiamato da Manzoni, con riferimento alla distinzione tra Cagioni predisponenti ed effettrici del morbo.
Alessandro Manzoni (1785-1873)
I Promessi Sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni; Milano, Vincenzo Ferrario, 1825-1826 [ma 1827]; tomo III, p. 286, tav. X
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. VIII. 224/3
La cosiddetta “ventisettana” è la prima edizione del capolavoro manzoniano: i tre tomi, stampati nel biennio 1825-1826, furono congiuntamente diffusi dal 1827. Questo esemplare testimonia peraltro di una disinvolta operazione editoriale, non autorizzata dall’autore, consistente nell’integrazione di un apparato illustrativo che consta di dodici tavole fuori testo: si tratta di litografie a matita grassa rifilate in formato conforme alle dimensioni del libro (mm 207 x 122 circa) prodotte dalla Casa Ricordi per conto dell’editore Luigi Zucoli, senza che - ancora recentemente - dalla inerente documentazione superstite sia stato tuttavia possibile accertare l’identità dell’artefice che le realizzò. La didascalia apposta alla tavola riprende uno stralcio del testo a fronte, dall’addio a Cecilia nel capitolo XXXIV: “Così dicendo aperse una mano, mostrò una borsa / e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese”.
Alessandro Manzoni (1785-1873)
I Promessi Sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni; Milano, Vincenzo Ferrario, 1825-1826 [ma 1827]; tomo III, pp. 286-287
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XIII. 104
Nella genesi del romanzo, la decisiva transizione dall’edizione “ventisettana” alla “quarantana” trova il suo fulcro in questa prima edizione (ancora non dotata dell’arbitrario apparato illustrativo Ricordi), fittamente annotata e corretta dall’autore: le integrazioni e rettifiche, di fatto, ne costituiscono proiezioni gradienti verso la seconda e definitiva edizione, ad essa già pressoché conformi. La preziosa opportunità di prendere visione dell’intenso lavorio autografo in fieri si misura qui sul capitolo XXXIV, nell’episodio dell’addio della madre alla piccola Cecilia, consegnata morta di peste al monatto, luogo esemplare solo in apparenza secondario e tra i più altamente lirici del romanzo.
Francesco Gonin (1808-1889)
Piazza San Marco; L’addio a Cecilia [bozzetti per le illustrazioni all’edizione Guglielmini-Redaelli]; matita su carta velina, mm 80 x 100 e mm 85 x 100 ; 1840-1842
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XII. A. 40/110
Montati sul passe-partout numerato 110, i due bozzetti (come tutti i 375 della serie disegnata da Gonin) riportano a loro volta la doppia indicazione dei numeri progressivi nella successione in cui furono eseguiti (327, 328) e delle pagine dell’edizione “quarantana” de I Promessi Sposi in cui le corrispondenti vignette illustrative sarebbero state inserite (656, 662). Attenendosi a precise
direttive iconografiche di Manzoni e seguendo le indicazioni tecniche di Massimo D’Azeglio, i disegni furono realizzati dall’artista torinese su carta velina perché funzionale al riporto sulle tavolette di legno di bosso, che servirono poi da matrici di stampa, allo scopo opportunamente intagliate e inchiostrate dagli xilografi. Interpretando fedelmente l’intenzione dell’autore (che trovò “bellissima” l’immagine), Gonin lascia indugiare l’addio materno alla innocente vittima sul limite fisico ed emotivo della soglia domestica.
Alessandro Manzoni (1785-1873)
I Promessi Sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni. Edizione riveduta dall’autore. Storia della colonna infame inedita; Milano, Guglielmini e Redaelli, 1840-1842; pp. 662-663
Biblioteca Nazionale Braidense, Manz. XIII. 101
L’edizione definitiva e illustrata del capolavoro, inizialmente pubblicata a dispense dal novembre del 1840 al novembre del 1842, fu fortemente voluta dall’autore per ovviare alla deriva delle contraffazioni (che avevano gravemente pregiudicato la diffusione della prima edizione), potendone controllare tanto la revisione linguistica (conseguente al soggiorno in Toscana), quanto la corretta trasposizione iconografica. Per coerenza di raffronto, la si espone aperta in corrispondenza dell’episodio dell’addio a Cecilia nel capitolo XXXIV: isolato a sinistra, l’ultimo struggente abbraccio materno al piccolo cadavere si stacca dal turpe affaccendarsi dei monatti a destra.