Testo completo

L’ineludibile retaggio omerico giunge a riverberarsi nell’opera di due illustri autori latini: tanto l’Eneide di Virgilio quanto le Metamorfosi di Ovidio (presenti nella biblioteca personale di Manzoni in svariati esemplari) assimilano la declinazione della peste come evento soprannaturale istigato dagli dei, l’una facendone drammatico presagio che Creta vada abbandonata dai Troiani per cercare altrove la terra dove edificare una nuova città, le altre trasfigurandola nella punizione precipitata da Giunone sull’isola di Egina a causa di un tradimento lì consumato da Giove con una ninfa. Virgilio, tuttavia, offre anche nelle Georgiche (parimenti possedute da Manzoni) una chiara testimonianza di adesione alla più realistica narrazione di una minore epidemia, su basi storico-scientifiche che rimontano all’esempio di Lucrezio: dal mito alla storia e dalla storia di nuovo al mito, dunque. L’autore del De rerum natura, infatti, faceva propria - integrandola alla peculiare visione fisico-naturalistica dell’epicureismo - la lezione eminente di Tucidide, che, narrando della Guerra del Peloponneso, si era soffermato nel secondo libro della sua trattazione sulla terribile peste ateniese del 430 a.C., descrivendone precipuamente l’origine e le fasi succedanee di espansione. Sin dalla sua scaturigine nell’antichità greco-romana, dunque, la civiltà occidentale radica la narrazione dell’immane catastrofe della peste nel duplice solco della sovrumana astrazione propria all’imperscrutabile volontà divina e della veridica concretezza della ricostruzione storica e filosofico-naturalistica (poi prettamente scientifica) della sua origine e del suo decorso. L’arco millenario lungo il quale si misura questa ambivalente tensione giungerà ad attraversare anche la peste seicentesca nel racconto ottocentesco di Manzoni, dimidiata tra invocazione corale dell’intercessione provvidenziale (di pertinenza divina essendo ancora ritenuta in ultima istanza la sorte dell’umanità) e annichilente ritratto delle storture che pervertono e riducono all’impotenza ogni terreno tentativo (sanitario, politico, giuridico) di superarla.

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